venerdì 29 luglio 2011

Dalla burocrazia alla politica , la lunga lista di barriere che impediscono all'Italia di crescere.

di Elisa Fazzini, dal "Sole 24 Ore"
L’Italia ha bisogno di crescere più in fretta per alleviare la pressione di un debito “strabiliante”, ma “la burocrazia e la politica spesso schiacciano l’economia”. Il New York Times stigmatizza la “lunga lista di barriere” che ostacolano la crescita del Belpaese e lancia l’allarme: se non cresce, l’Italia “ha poche speranze di ridurre un livello di indebitamento che minaccia il futuro finanziario dell’Italia e dell’euro”.




In un articolo intitolato “Uno scoraggiante cammino verso la prosperità”, Liz Alderman parte da un episodio emblematico: la rinuncia di Ikea a costruire un megastore vicino a Pisa, dopo sei anni di inconcludenti trafile.



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Vedi tutti » “Mentre vacilla sull’orlo di una crisi del debito europea, l’Italia non può permettersi altre débacles come questa”, anche se è la settima economia mondiale. Poiché i tassi di interesse più alti rendono ancora più difficile per l’Italia ridurre il suo debito, la principale risorsa appare quella di accelerare la crescita, nota il Nyt. E cita l’economista Francesco Giavazzi: “E’ l’unico grande problema per l’Italia adesso: riprendere la crescita”.



Secondo gli esperti, si legge sul Nyt, l’Italia deve non solo incoraggiare grandi investimenti come quello di Ikea, ma deve anche rimuovere gli impedimenti che soffocano la crescita di migliaia di piccole e medie imprese che sono la “spina dorsale” dell’economia italiana.



C’è il caso di Mauro Pelatti, piccolo imprenditore titolare della Omap, che fabbrica parti per motociclette: dice al Nyt che ha rinunciato a espandere l’impresa a Firenze per colpa della burocrazia e delle tasse. L’imprenditore lamenta, per esempio, di dover fare preparare le buste paga all’esterno dell’azienda (“poiché l’Italia protegge le corporazioni”, puntualizza il Nyt) e di dover pagare 20.000 euro all’anno in scartoffie. E sulle tasse, dice che su un utile di 200.000 euro, deve pagare tasse per 100.000 euro. “Anche se faccio un utile, non ne farò mai abbastanza per ingrandirmi”.



Dopo una crescita striminzita negli anni Novanta, la crisi finanziaria globale del 2007 ha ridotto più del 6% l’economia italiana. Ora la crescita è ripresa, ma il Fondo monetario internazionale prevede “un altro decennio di stagnazione” con una crescita per l’Italia dell’1,4% appena nei prossimi anni.



A ostacolare la crescita dell’Italia – spiega il quotidiano newyorchese - è il debito pubblico, che al 119% del Pil è secondo solo a quello della Grecia. Nonostante la manovra, “il governo italiano ora spende il 16% del suo bilancio per pagare gli interessi – una bolletta che aumenterà se investitori e creditori continueranno a temere che l’Italia non riesca a sfuggire alla crisi del debito”. E se l’Italia incespica, “le conseguenze saranno più dirompenti di qualsiasi altra cosa che l’eurozona abbia provato finora nella crisi”.



Le barriere alla crescita sono una lista “scoraggiante”, scrive il Nyt. Per cominciare, i leader nazionali, a cominciare da Silvio Berlusconi, “tendono a essere presi dalla politica e distratti dai problemi dell’economia”. Inoltre, la produttività è rimasta “piatta” per un decennio. E le tasse sull’impresa si aggirano intorno al 31%, senza contare le tasse locali.



L’Italia – continua il quotidiano - è anche afflitta dalla piaga di un’economia in nero “incorreggibile”, che rappresenta il 20% dell’economia e un’evasione fiscale che toglie all’Erario 100 miliardi di euro di mancati introiti.



“Pochi pensano che il governo possa eliminare alcuni dei problemi più grossi, come la mafia o l’economia sommersa. Ma, secondo molti esperti, i leader italiani hanno i mezzi per stimolare la crescita dell’economia legale”, sottolinea il Nyt. E aggiunge: Roma potrebbe cominciare con lo snellire la burocrazia.



“Solo per avviare un’impresa, ci sono tra 10 e 20 autorità con cui bisogna avere a che fare”, dice Giampaolo Galli, direttore generale di Confindustria. “Poi vai dal governo a chiedere aiuto, ma non ne hai”.



Le lungaggini burocratiche hanno spinto Ikea a desistere dal progetto di un megastore a Vecchiano, in provincia di Pisa. E ora la multinazionale svedese viene corteggiata dalle città di Pisa e Livorno.



Dulcis in fundo, c’è però il caso incoraggiante di Mario Carraro, imprenditore di Padova, uno dei pochi che è riuscito a sfondare. Ha puntato sul miglioramento delle tecnologie e della produttività nella sua fabbrica, che produce sistemi di trasmissione per camion per aziende come John Deere e Caterpillar. Ora la sua impresa è quotata, ha 2.000 dipendenti in Italia e 2.000 tra Cina e India.



L’Italia ha bisogno di altre imprese così. Ma Carraro – conclude il Nyt - vede intorno solo stagnazione. Una volta si diceva che “piccolo è bello”. Ma ora le piccole imprese “stanno morendo”.



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