l silenzio è calato sulla vicenda, ma il sospetto che qualcuno nel frattempo stia lavorando ad una soluzione “segreta” non sarebbe completamente campato in aria. Siamo andati a spulciare documenti ufficiali, abbiamo cercato di leggere tra le righe di dichiarazioni pubbliche e relazioni tecniche, con l’approccio di “chi pensa male”. Una domanda, a questo punto, la dobbiamo fare: è possibile che nell’area della Trisaia di Rotondella ci sono tutte le condizioni per realizzare il deposito nazionale? I lavoro per la bonifica appena avviati, possono nascondere altri scopi? L’inchiesta è divisa in tre parti.
Storia dell’impianto
L’impianto Itrec, acronimo di Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile, si trova all’interno del Centro di ricerca Enea-Trisaia di Rotondella (MT). L’impianto è stato costruito nel periodo 1965-1970 dal CNEN, Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare.Tra il 1969 e il 1971, in seguito all’accordo tra il CNEN e la statunitense USAEC, United States Atomic Energy Commission, sono stati trasferiti nell’impianto 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota).Nell’impianto sono state condotte ricerche sui processi di ritrattamento e rifabbricazione del ciclo uranio-torio per verificare l’eventuale convenienza tecnico-economica rispetto al ciclo del combustibile uranio-plutonio normalmente impiegato.Nel 1973 il CNEN è divenuto proprietario degli 84 elementi di combustibile di Elk River, 20 dei quali sono stati ritrattati.Nel 1987 a seguito del referendum sul nucleare, le attività sono state interrotte. Nel 2003, Sogin ha assunto la gestione dell’impianto con l’obiettivo di realizzare la bonifica ambientale del sito. L’area della Sogin nella Trisaia è recintata con del filo spinato, zona riservata.
I misteri dell’Itrec
Il sito di Rotondella è stato più volte al centro di polemiche e di indagini per veri o presunti incidenti agli impianti, oltre che per i sospetti sulle attività svolte all’interno della Trisaia. Nel marzo 2011 alcune fonti qualificate avrebbero fatto circolare carteggi interni riguardo al trasferimento sospetto di materiale radioattivo. I documenti parlerebbero di un costante arrivo nel centro jonico di materiale nucleare, già dal gennaio 1991. Nel carteggio ci sarebbe un elenco di “partite omogenee” di materiale radioattivo prima custodito nell’Istec Enea di Casaccia (Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici). Sembra però che il materiale giunto a Rotondella non fosse soltanto quello descritto nei documenti, ma ci sarebbe stato dell’altro in quantità ignota e di natura diversa.
Non mancano sospetti su incidenti avvenuti all’interno degli impianti e occultati per evitare allarme nell’opinione pubblica.
C’è un impianto in cui vengono trattati i minerali estratti da rifiuti industriali e c’è un laboratorio di analisi con uno strano nome: “Terre rare”. In quelle stanze possono entrare solo gli addetti ai lavori, perché è nella zona sottoposta a controllo militare. In quel laboratorio sarebbero state fatte delle “porcherie”. Ha indagato la Procura antimafia di Potenza senza risultati. Il fascicolo è stato a lungo secretato e nel gennaio 2010 è finito in archivio.
Nel marzo del 1993 si verifica un incidente, questa volta scoperto. La condotta di 5 chilometri che dal Centro Enea della Trisaia sbuca nel mar Jonio, viene giudicata contaminata da liquido radioattivo dalla magistratura di Matera che ne dispone il dissotterramento. Nell’aprile del 1994 una cisterna avariata perde liquido radioattivo.
Insomma non è chiaro se a Rotondella sono state trasferite altre tipologie di rifiuti e quanti. Intanto il materiale radioattivo “storico” è ancora in quei depositi. La stessa delegazione della Commissione parlamentare sui rifiuti, in visita a Rotondella nelle scorse settimane, smentisce che all’Itrec sia mai stato trattato plutonio. Rispetto a quanto sostenuto anni fa dall’ex Procuratore della Dda, Giuseppe Galante, e cioè che in Trisaia ci fosse plutonio, la senatrice Magda Negri non conferma “Dai registri e da questa visita non pare ci sia presenza di plutonio. Ci sono stati anche controlli della GdF tra il ’75 il ’78 e non risultò. Ma siamo aperti a verificare qualsiasi altra informazione, purché sia realistica”.
Chi è la Sogin (Società di gestione impianti nucleari)
Sogin è la società di Stato incaricata della bonifica ambientaledei siti nucleari italiani e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca. Sogin sarebbe impegnata nella più grande bonifica ambientale nella storia del nostro Paese. Oltre le quattro centrali nucleari italiane di Trino (VC), Caorso (PC), Latinae Garigliano (CE)sono stati affidati in gestione a Sogin gli impianti Enea di Saluggia (VC), Casaccia (RM)e Rotondella (MT)e l’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (AL). La Società, interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, opera in base agli indirizzi strategici del Governo italiano. Sogin, operativa dal 2001, diventa Gruppo nel 2004 con l’acquisizione della quota di maggioranza, del 60%, di NuclecoSpA, l’operatore nazionale incaricato del condizionamento e dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti e delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività medico-sanitarie e di ricerca scientifica e tecnologica. Sogin coordina le attività previste dall’accordo stipulato dal Governo italiano con la Federazione Russa nell'ambito del programma Global Partnership. In particolare, l'accordo riguarda lo smantellamento e la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato dei sommergibili nucleari russi. In Italia, le 900 persone che costituiscono il Gruppo, selezionate e formate secondo i più elevati standard di eccellenza, rappresentano il più significativo presidio di competenze professionali nella gestione dei rifiuti radioattivi e nella bonifica ambientale degli impianti nucleari. Sogin ha, inoltre, il compito di localizzare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico, comprensivo del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.
Gestionee messa in sicurezza dei rifiuti a Rotondella
I rifiuti radioattivi liquidi prodotti durante l'esercizio dall'impianto sono cementati e stoccati in sicurezza. Nel 2007, è stata realizzata la barriera di contenimento idraulico per garantire le massime condizioni di sicurezza nello svolgimento dei lavori di bonifica del deposito interrato, denominata fossa irreversibile, dal quale i rifiuti radioattivi presenti saranno rimossi e messi in sicurezza all’interno dei depositi dell’impianto. Nel 2010 è stato approvato dall’Autorità di controllo (ISPRA) il progetto per la realizzazione dell’impianto per la cementazione di circa 3 metri cubi di soluzione liquida uranio-torio, denominata prodotto finito, derivante dalle attività sperimentali di riprocessamento del combustibile. Di questo impianto è stato realizzato e collaudato il prototipo della cella di cementazione (mock up), in scala 1:1, per testare i componenti, il processo e addestrare il personale. Nel marzo 2011, il progetto dell’Impianto ICPF ha ottenuto la VIA, Valutazione di Impatto Ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Nel 2011, sono stati ultimati, all’interno delle celle di taglio appositamente allestite, il trattamento e il condizionamento dei rifiuti solidi pregressi (progetto SIRIS – sistemazione rifiuti solidi) che si trovavano all’interno di 18 containers. I piazzali che li ospitavano sono stati liberati e riqualificati. In linea con il progetto SIRIS, a seguito di un’ulteriore autorizzazione dell’organo di controllo, ISPRA, proseguono i lavori di trattamento dei rifiuti solidi prodotti dal mantenimento in sicurezza e dalle attività propedeutiche allo smantellamento dell’impianto. (Fonte: www.sogin.it)
Gestione del combustibile a Rotondella
Nell’impianto sono stoccati 64 elementi di combustibile irraggiato del ciclo uranio-torio che non possono seguire la via del riprocessamento, perché non esistono al mondo impianti industriali in grado di ritrattare questo tipo di combustibile. Sogin è impegnata a ricercare e a supportare ogni iniziativa che dovesse prospettarsi per il trasferimento del combustibile. Sono in via di realizzazione due cask, (piccoli silos) in grado di ospitare 32 elementi ciascuno, abilitati allo stoccaggio in sicurezza e al successivo trasporto, in vista del loro trasferimento al Deposito Nazionale. (Fonte: www.sogin.it)
Bonifica ambientale dell’impianto di Rotondella
Nel 2005, è stato realizzato, all’interno dell’impianto, un laboratorio per il monitoraggio ambientale tra i più moderni in Italia. Nel 2008, sono state ultimate le attività di sostituzione della condotta di scarico a mare ed è stata completata e collaudata la nuova cabina di manovra e demolita quella realizzata negli anni ottanta. A luglio 2011 è stata presentata, al Ministero dello Sviluppo Economico, l’istanza di autorizzazione per la disattivazione dell’impianto. La Bonifica sarà finita nel 2026. (Fonte: www.sogin.it) Intanto da pochi giorni, in questo mese di luglio 2012, sono iniziati i lavori di realizzazione della platea dell’infrastruttura che consentirà la bonifica. “I lavori di bonifica del deposito – fa sapere la Sogin - sono suddivisi in quattro fasi e prevedono: la realizzazione di una struttura di contenimento attrezzata per lo scavo del terreno; la progettazione degli interventi di bonifica; il taglio della struttura in quattro parti e la loro rimozione dal terreno; la bonifica e il rilascio finale dell’area per la realizzazione dell’impianto di solidificazione del “prodotto finito”. Le parti rimosse saranno stoccate in sicurezza in un deposito temporaneo del sito, in attesa del loro trasferimento al Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi”
A proposito del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi
Il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi è un diritto degli italiani e un’esigenza per il Paese per mettere in massima sicurezza tutti i rifiuti radioattivi. La struttura sarà realizzata all’interno di un Parco Tecnologico, un centro di eccellenza italiano, aperto a collaborazioni internazionali, con laboratori dedicati alle attività di ricerca e formazione nelle operazioni di bonifica ambientale degli impianti nucleari e di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. La collaborazione con enti di ricerca, università e operatori industriali, sia nazionali che esteri, permetterà al Parco Tecnologico di integrarsi con il sistema economico e di ricerca e di contribuire inoltre ad uno sviluppo sostenibile del territorio nel quale verrà costruito.
Il Deposito sarà una struttura di superficie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali, che consentirà la sistemazione definitiva di circa 80 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e la custodia temporanea per circa 12.500 metri cubi di rifiuti di alta attività.
Degli oltre 90 mila metri cubi di rifiuti il 70% proverrà dalle operazioni di bonifica ambientale degli impianti nucleari mentre il restante 30% dalle attività di medicina nucleare, industriali e della ricerca.
Il trasferimento dei rifiuti in un’unica struttura garantirà la massima sicurezza per i cittadini e la salvaguardia dell’ambiente e permetterà di completare le attività di bonifica ambientale degli impianti, ottimizzando tempi e costi ed eliminando la necessità di immagazzinamento temporaneo sui siti. (Fonte: www.sogin.it)
Idee molto chiare e strane coincidenze
La Sogin mostra di avere le idee molto chiare sul Deposito Nazionale. Per seguire meglio la nostra riflessione occorre annotare che il Centro di ricerca Enea Trisaia di Rotondella è, in base al Decreto Legislativo n.31/2010, un Parco Tecnologico. Va inoltre annotato che il DPCM 8 aprile 2008 (Governo Prodi) – inerente i “criteri per l’individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere segreto di Stato” – ha di fatto esteso il principio della segretezza dei siti militari ai siti “civili” di interesse energetico e di stoccaggio di rifiuti anche radioattivi, il tutto a beneficio dei supremi e imprescindibili interessi dello Stato ed ovviamente delle società concessionarie come la Sogin. Da notare anche che nel frattempo è stato designato il nuovo presidente di Confindustria Basilicata, Michele Somma, presidente di Tecnoparco spa e firmatario in quanto vicepresidente, del protocollo di intesa tra Sogin, Confindustria Basilicata e Confapi di Matera il 10 novembre dell’anno scorso. L’intesa è stata firmata in occasione della presentazione del piano industriale 2011-2015 della Sogin. Come vedremo tra poco, la Sogin ha dato molta importanza all’evento e ha offerto alla platea lucana di industriali istituzioni e sindacati molto di più che altrove. Infatti l’evento è stato replicato in Lazio e Campania, a Roma, e in Piemonte, dove esistono impianti simili a quello di Rotondella, ma i comunicati stampa della Sogin per questi ultimi eventi sono molto meno carichi di enfasi locale. Da ricordare che nel 2010 la Sogin avrebbe già stilato una lista di siti potenzialmente adatti ad ospitare il deposito.
Il comunicato stampa e la gara di appalto
In concomitanza con la presentazione del piano industriale Sogin diffonde un comunicato stampa nel quale scrive: “Le attività di decommissioning e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi che Sogin portate avanti nell'impianto Itrec di Rotondella sono svolte nel rispetto della normativa vigente e sono realizzate in linea con i migliori standard internazionali, per garantire la massima sicurezza per i lavoratori, la popolazione e l'ambiente. La realizzazione del deposito temporaneo, annesso all’impianto di cementazione dei rifiuti liquidi radioattivi, denominati “prodotto finito”, è progettato secondo le migliori esperienze internazionali, garantirà la massima sicurezza nello stoccaggio temporaneo esclusivamente dei rifiuti radioattivi, derivanti dalle attività di cementazione dei rifiuti radioattivi liquidi già presenti nel sito. Questa struttura ospiterà anche i due contenitori che saranno realizzati per lo stoccaggio a secco del combustibile “Elk River”, attualmente presente in piscina, in vista del loro trasferimento al Deposito Nazionale. Al termine delle operazioni di trasferimento il deposito sarà smantellato.” Il 13 luglio 2011, cioè quattro mesi prima del comunicato stampa la Sogin indice una gara di appalto – procedura ristretta - per “l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’impianto di cementazione di una soluzione liquida radioattiva denominata “Prodotto Finito” e dell’edificio deposito per lo stoccaggio temporaneo di manufatti cementati.”. Si deduce che alla data del 10 novembre 2011 fosse noto l’aggiudicatario dell’appalto. Infatti la scadenza, prorogata, per la presentazione delle manifestazioni di interesse era fissata al 27 settembre 2011. Ma sul sito della Sogin le informazioni a proposito difettano di chiarezza. Chi è l’aggiudicatario dell’appalto? Sul sito www.sogin.itla gara risulta chiusa, ma non è riportata alcuna informazione sull’assegnazione. Probabilmente le valutazioni sono ancora in corso. Perché?
L’oggetto della gara
Nella descrizione dell’appalto e degli acquisti si legge: “ Realizzazione dell’impianto di cementazione del “Prodotto Finito” e dell’edificio deposito per lo stoccaggio temporaneo di manufatti cementati prodotti e di cask (barili) contenenti combustibile irraggiato. Tali opere sono costituite da: Edificio di processo per la cementazione del prodotto finito: volumetria di circa 6 500 m3; Edificio deposito, per lo stoccaggio dei manufatti cementati prodotti e dei cask contenenti combustibile irraggiato: volumetria di circa 14 000 m3; Sistemi e apparecchiature all’interno dell’edificio di processo per il trattamento della soluzione radioattiva ed il trasferimento all’interno dell’edificio deposito dei manufatti prodotti e dei cask; Movimentazione dei manufatti tramite sistemi remotizzati; Impianti ausiliari. L’appalto comprende l’avviamento di tutti gli impianti con esecuzione delle prove in bianco, di formazione del personale ed i ricambi che dovessero necessitare in tale fase e per tutto il periodo di garanzia. L’appalto inoltre comprende i servizi, per un periodo di 2 anni, di assistenza alle prove nucleari dell’impianto e di assistenza tecnica nel primo periodo di esercizio dell’impianto di cementazione. Le attività eseguite successivamente alla realizzazione dell’impianto, saranno svolte in zona controllata/sorvegliata ai sensi del D.Lgs. 230/95 e s.m.i. Importo stimato totale 41.140 000,00. Uno dei problemi di questi lavori è che riguardano cifre e cubature superiori al fabbisogno interno di smantellamento dei materiali radioattivi che attualmente sarebbero custoditi all’Itrec di Rotondella. Delle due l’una. O i dati forniti sul materiale depositato sono sottostimati, quindi c’è dell’altro, oppure il nuovo impianto appaltato servirà anche per smaltire rifiuti provenienti da altri fornitori.
La variante al progetto e il tavolo della trasparenza
E’ evidente nelle specifiche del bando di gara che il progetto originario è stato modificato. Sogin aveva presentato una variante al progetto inerente l’impianto ICFP (solidificazione del prodotto finito e capannone deposito di stoccaggio). Progetto che ha ottenuto il decreto di compatibilità ambientale nel 2011. La modifica di cantierizzazione prevede, come è evidente nella gara, di realizzare i due corpi (impianto ICFP e capannone deposito per le scorie) in due corpi separati e distinti rispetto al primo progetto che prevedeva un corpo unico e la bonifica della fossa 7.1 (ex fossa irreversibile) . Secondo la Sogin, questa modifica è necessaria per non far slittare eccessivamente i lavori dell’impianto e garantire nel minor tempo possibile la maggior sicurezza nucleare del sito. Intanto il tavolo della trasparenza non viene convocato dall’ottobre 2010, ossia dai tempi di Vincenzo Siggillito e di Agatino Mancusi.
L'enfasi di un evento e la “bontà” della Sogin
E’ il 10 novembre 2011, alla Trisaia di Rotondella la Sogin presenta il piano industriale 2011-2015. All’evento partecipano rappresentanti delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali e della associazioni industriali. L’amministratore delegato Giuseppe Nucci illustra il piano. Ma l’enfasi è tutta centrata sul protocollo d’intesa tra Sogin, Confindustria Basilicata e Confapi Matera: “Il protocollo d’intesa tra Sogin, Confindustria Basilicata e Confapi Matera, di durata triennale, prevede cinque linee d’azione: informazione, formazione, assistenza, comunicazione e coinvolgimento su tematiche di comune interesse. La collaborazione riguarderà l’organizzazione di una conferenza annuale sullo stato di avanzamento delle attività di decommissioning e sulle policy di acquisti e appalti e la pubblicazione di una newsletter Sogin rivolta alle associazioni. Nel campo della formazione saranno promossi seminari rivolti alle imprese per la qualificazione in Sogin e iniziative sul tema della sicurezza da sviluppare con la Scuola di Radioprotezione e Sicurezza Sogin di Caorso. Sono inoltre previste visite agli impianti nucleari e specifici master universitari patrocinati dalle associazioni.” Troppo buoni loro, mentre gli imprenditori locali si sfregano le mani. C’è da fidarsi?
Quella lista dei siti idonei ad ospitare il Deposito unico
Perché la Sogin ha da molto tempo le idee chiare sul Deposito unico? Nel 2010 la società avrebbe ultimato il lavoro di individuazione delle aree potenzialmente idonee per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. La lista elencherebbe 52 siti, ma non è mai stata resa pubblica. Alcune indiscrezioni hanno fatto riferimento in particolar modo ad alcune regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Puglia, Basilicata. Ogni area individuata avrebbe dimensioni di circa 300 ettari, e dovrebbe essere in grado di accogliere, oltre ai depositi per le scorie di varia gradazione, anche un parco tecnologico che a regime avrà oltre mille ricercatori. La domanda è: ma in base a quali criteri la Sogin ha individuato le aree? Non doveva essere l’Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare a fornire i criteri? Qualcosa non quadra. Intanto nel gennaio 2011 qualcuno sospetta che…
Il sito per il deposito dei rifiuti radioattivi è stato già deciso nel 2010?
Dobbiamo ricorrere alla memoria. Fare un passo indietro di circa un anno. Il 21 gennaio 2011 compare un articolo sul quotidiano L’Unità (sezione “Politica”) che riporta alcuneinformazioni interessanti relative all’ individuazione del sito per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Come abbiamo detto, nel settembre 2010 fu diffusa da molti giornali la notizia dell’ esistenza di una lista di 52 siti che la Sogin avrebbe individuato quale aree potenzialmente idonee. Ebbene, l’ articolo de L’Unità svelerebbe invece che vi potrebbe essere già una situazione ben più chiara in merito al luogo da scegliere per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi. E l’ articolo de L’Unità dichiara questo sulla base di alcune intercettazioni telefoniche del luglio del 2008 fatte dalla Procura di Potenza (era in corso l’ indagine “Nucleare connection” su un presunto traffico di rifiuti radioattivi in Basilicata ed a tale indagine, si precisa, è poi seguito un decreto di archiviazione nel dicembre 2009): tra le utenze messe sotto controllo vi era quella del generale Carlo Jean (ex presidente ed ex commissario delegato della Sogin).
L’ articolo de L’Unità scrive quanto segue:
“[il generale Carlo Jean] All’epoca delle intercettazioni [luglio 2008] è nominalmente fuori ma fa ancora il bello e il cattivo tempo nella società. Dunque, l’ intercettazione. Da una parte dell’ apparecchio c’è Silvio Cao. Cao è stato in Consiglio di amministrazione di Sogin ed è molto amico del generale. Sono le 8.44 del mattino. Cao alza il telefono nell’ ufficio del generale [Carlo Jean] e compone il numero di un cellulare. Scrivono i Carabinieri in ascolto: «Il Cao chiama utilizzando la linea del generale Jean tale Giancarlo e chiede se ricorda i nomi che erano stati individuati da loro per le seconde categorie. Il Cao fa riferimento al fatto che uno era Craco e poi chiede quali altri siti erano stati individuati. Il Giancarlo riferisce che al momento non ricordava i nomi e che avrebbe controllato e fatto sapere”.
L’ articolo de L’Unità aggiunge anche chi potrebbe essere il “tale Giancarlo” a cui Silvio Cao telefona ed infatti ecco cosa viene detto nell’ articolo de L’Unità:
“L’informativa dei Carabinieri non lo specifica, ma tutti gli indizi sembrano portare al nome di Giancarlo Ventura. Ventura faceva parte della prima task force Enea incaricata, siamo nel 2003, di individuare il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi.” [La “Task Force per il Sito Nazionale di Deposito dei Materiali Radioattivi (Task Force SITO)” fu una struttura dell’ ENEA che operò a cavallo degli anni novanta-duemila e quindi prima che tutta la materia nucleare fosse trasferita alla Sogin. La Task Force SITO dell’ ENEA stilò una lista di 214 siti (idonei ad opitare depositi di superficie per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di I e II categoria), da cui fu dedotta una lista ristretta non pubblicata. Si sottolinea inoltre che la località precisa per il sito non fu mai ufficialmente individuata]
L’ articolo de L’Unità continua:
“Passano venti minuti dalla prima telefonata e Cao richiama. «Il Cao» si legge nel brogliaccio dei Carabinieri «richiama il Giancarlo e lui dice che sta aprendo un file e gli dettai nomi di questi siti che in totale sono sei: due in Basilicata, uno nel Lazio, tre in Puglia, per quelli di tipo superficiale. Poi cade la conversazione.» Sono sei i siti potenziali per ospitare i rifiuti di seconda categoria…”
“Trenta secondi dopo l’ interruzione, Cao richiama per la terza volta «Giancarlo». Scrivono i Carabinieri: «(…) Dopo aver ribadito che i superficiali erano i sei prima individuati, il Giancarlo dice chei subsuperficiali erano nove. Ed erano tre in Basilicata, uno in Campania, uno in Emilia Romagna, uno nel Lazio, uno in Puglia, uno in Sardegna e uno in Toscana». […] La telefonata prosegue: «Poi (Cao) chiedevai nomi dei primi classificati delle due categorie e il Giancarlo dice che sicuramente avevano messo Craco e quello dell’ Emilia Romagna».
E quindi?
Questo è quanto viene scritto nell’ articolo de L’Unità e se quanto scritto è vero (e che quindi l’ articolo de L’Unità riporta effettivamente trascrizioni di vere telefonate), si possono fare due considerazioni:
1 - innanzitutto non ci sarebbe nulla di particolarmente eclatante che Silvio Cao (ex Consiglio di amministrazione Sogin) chieda ed ottenga informazioni dal “tale Ventura” se davvero questo Ventura fosse individuabile nella persona del Dott. Giancarlo Ventura. Infatti il Dott. Giancarlo Ventura in quanto responsabile della “Geografia del sito” all’interno della Task Force SITO dell’ ENEA è sicuramente a conoscenza sia della “lista estesa” (di 214 siti) sia della “lista ristretta”. Ed è abbastanza ovvio che anche oggi (nel 2011) la Sogin nell’ individuazione del sito per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi considererà prezioso il lavoro in precedenza svolto dalla Task Force SITO dell’ ENEA.
2 - interessante è invece scoprire finalmente quale sarebbero le località che furono inserite nella mai pubblicata “lista ristretta”. Sei siti per i depositi superficiali: due in Basilicata, uno nel Lazio, tre in Puglia.Nove siti per i depositi subsuperficiali: tre in Basilicata, uno in Campania, uno in Emilia Romagna, uno nel Lazio, uno in Puglia, uno in Sardegna e uno in Toscana.E più in dettaglioai primi posti vi sarebbero sicuramente un sito della Basilicata (viene esplicitamente nominato Craco, in provincia di Matera) ed un sito dell’ Emilia Romagna (che non viene meglio precisato). (Fonte: archivionucleare.com)
Craco, Pisticci, Rotondella, Val Basento, Petrolio e Gas
Tutto lascia immaginare che Rotondella non è esclusa dalla “lista ristretta”. Ma c’è Craco, ossia Peschiera a valle, a un passo c’è Tecnoparco, a due passi c’è la Trisaia, intorno le industrie della Val Basento, il prossimo mega-impianto di stoccaggio dal gas della Geogastock a Grottole-Ferrandina-Pisticci. Ancora a due passi ci sono i pozzi petroliferi. Tutta questa zona della Basilicata è interessata da processi di industrializzazione eterodiretti ed esogeni fondati sulla chimica, sull’energia, sui rifiuti. Una specie di mega distretto in cui ci sono tutte le condizioni per realizzare il deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi. E dove se non qui? Che sia Craco che sia Rotondella o Ferrandina una cosa è certa, si tratta della Basilicata. Siamo i primi, per quantità di siti identificati. Può darsi che l’ipotesi sia infondata, che la Basilicata non ospiterà alcun deposito. Bene, ma è sempre meglio mettere le mani avanti. Intanto ci auguriamo che i lavori di bonifica non siano una copertura per ben altro tipo di lavori.
Fonte : Basilicata 24
Ultimo aggiornamento Martedì 24 Luglio 2012
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