Intervista a Nicola Lagioia, barese, trentanove anni, uno degli scrittori più promettenti del panorama letterario italiano.
di Barbara Tomasini,
C’è una cosa che non capisco. Ci chiedono di cedere parti di sovranità all’Europa, e per me va pure bene, ma in nome di cosa? Della Banca Europea e dei conti che devono stare in ordine? Un continente non si può basare sui conti a posto. Prendi l’America, loro credono – nel bene e nel male – di essere un popolo predestinato, c’è un elemento messianico nella loro cultura; l’Europa invece, che è la culla della civiltà occidentale, in cosa si riconosce? Monti questi problemi non se li pone, semplicemente non fanno parte del suo background e per questo i governi tecnici alla lunga divengono pericolosi per l’identità nazionale, gli intellettuali però una risposta ce la dovrebbero dare!”.
Nicola Lagioia, barese, trentanove anni, è uno degli scrittori più promettenti del panorama letterario italiano. Il suo ultimo romanzo, edito da Einaudi nel 2009, è "Riportando tutti a casa".
L’anno scorso tu e altri operatori della cultura avete creato un certo scalpore con la nascita di un gruppo chiamato “generazione TQ”, all’interno del quale si rifletteva anche sul ruolo dell’intellettuale nella società di oggi. E’ un’esperienza conclusa?
Per me questa esperienza è stata una cartina di tornasole per capire cosa stava succedendo in Italia e se c’era un possibile dialogo tra le varie generazioni. TQ infatti sta per trenta-quarantenni, si riferisce ad una generazione di mezzo, quella dei precari, che in queste riunioni – per quanto rivolte principalmente al mondo della cultura, e dell’editoria in particolare – ha cercato di dar vita ad un dibattito e ad una riflessione. E’ passato un anno e mezzo e oggi seguo meno attentamente gli sviluppi del gruppo, anche se sono stato uno dei promotori, ma le iniziative procedono. Il tutto è nato da una considerazione: la nostra generazione è stata la prima a nascere in un contesto economico migliore di quella precedente, ma senza alcuna prospettiva per il futuro; siamo una generazione orfana, senza padri, esattamente il contrario di quello che è successo nel ’68. All’epoca c’era uno scontro tra “padri” e “figli”, ma se un “padre” scappa, si sottrae alla possibilità di dialogo, si sottrae anche alla possibilità di conflitto. Stranamente le nostre intenzioni sono state recepite male dagli over 50, dai professoroni, che pensavano li volessimo rottamare, mentre il ragionamento verteva sul dialogo, che nel mio campo – quello letterario – è del tutto assente tra generazioni diverse. E questa considerazione si può allargare a tutti i posti chiave dell’intellighenzia italiana.
Sogni una società governata dai giovani?
Non necessariamente, non voglio mandare in pensione nessuno, ma pensare di poter avere un Presidente del Consiglio di 45 anni sì. All’estero gli esempi sono tanti: Zapatero, Obama, Clinton, Blair, mentre in Italia la somma dell’età di due leader che si confrontano per la guida del paese solitamente supera i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Ma da queste riunioni è venuta fuori una proposta concreta per cambiare lo stato delle cose?
Generazione TQ è stato, ed è tuttora, un piccolo laboratorio dove abbiamo imparato anche a fare politica, perché non si deve dimenticare che siamo cresciuti in una sorta di vuoto ideologico in quanto figli degli anni ’80 e avevamo poca dimestichezza con questo genere di cose. Da soli non avremmo potuto fare niente, insieme forse non avremmo cambiato lo stato delle cose, ma di sicuro avremmo puntato l’attenzione su un problema reale che si fingeva di ignorare, e ci siamo riusciti: oggi TQ è uno dei tanti interlocutori che rompe le scatole alle istituzioni, tanto che alcuni esponenti della politica hanno iniziato a frequentare le nostre riunioni. Posso dire che siamo un soggetto di pressione e in meno di due anni è un buon risultato.
Come ti poni tu all’interno di questa generazione TQ essendo, in realtà, un giovane di successo che fa esattamente il lavoro che ha sempre sognato?
E’ vero che ho raggiunto molti dei miei obiettivi, ma con il doppio della fatica che avrebbe fatto un mio coetaneo di 30 anni fa. Se all’epoca un lavoro equivaleva ad uno stipendio, oggi per avere uno stipendio devo fare quattro lavori: non esistono i weekend, lavoro anche 13/14 ore al giorno, ma non sono contento di lavorare così. Berlusconi dichiarava felice di lavorare 16 ore al giorno, io non vorrei dover arrivare a tanto per vivere. Se ci pensi si sono invertiti i ruoli: oggi noi possiamo dire ai nostri genitori che i “nostri tempi” sono peggiori dei loro, una cosa del genere non era mai successa, ma mentre loro sono figli del boom, noi siamo figli della crisi. Oggi è tutto più difficile, faticoso, c’è uno spreco di energie pazzesco, se fossi nato 30 anni fa forse avrei scritto due libri in più o comunque fatto molte più cose con meno fatica. Non mi sento un non-più-giovane di successo, ma uno che fa una fatica immensa per raggiungere dei traguardi.
Inoltre, in un campo d’interesse artistico o culturale questa situazione si amplifica…
Assolutamente, noi oggi possiamo guardare agli scrittori italiani come guardavamo 30 anni fa agli scrittori tunisini…quindi come scrittore tunisino mi sento fortunato. La verità è che sotto certi aspetti siamo quasi un paese del terzo mondo.
Un’indagine dell’Eurispes che abbiamo pubblicato qualche giorno fa riportava un dato inquietante: in Italia la classe dirigente è rappresentata per l’85% da uomini, e in 8 casi su 10 si tratta di over 50. Che ne pensi?
Io non dico che a priori un giovane di 30 anni è più bravo e preparato di un 60enne, ma statisticamente mi sembra impossibile credere che tutti i giovani siano degli incapaci. Mi piacerebbe che a ricoprire ruoli di responsabilità e prestigio ci fossero dei giovani, perché il loro sguardo è diverso e un confronto tra vissuti e modi di vedere le cose differenti aiuterebbe il paese a progredire. A volte per quelli della nostra età è quasi umiliante questa sensazione di dover chiedere qualcosa a chi – solo per il fatto di avere 20 anni di più – sviluppa un atteggiamento paternalista a priori.
Monti e Draghi sono intervenuti alla Bocconi per l’inaugurazione dell’anno accademico e nello stesso giorno gli studenti si sono riuniti alla Sapienza per discutere dei fatti avvenuti a Roma lo scorso 14 novembre, tu dove saresti andato?
Io vorrei essere lo psicoterapeuta di Monti, perché secondo me il Presidente del Consiglio soffre di quello che Freud chiamava “atto mancato”, i lapsus. Ad esempio, Monti al meeting di Comunione e Liberazione ha affermato che la nostra – e forse quella successiva dei 20enni - è una generazione perduta e si augurava che non ce ne fossero altre. Ma come fai, da Presidente del Consiglio, a definire perduta una generazione che ti sopravvivrà? Per di più dice una cosa falsa, perché questo paese se negli ultimi 15 anni non è imploso è stato anche grazie a questa generazione che ha fatto i sacrifici che i genitori non sono più in grado o disposti a fare. Possiamo affermare con tranquillità che la generazione perduta ha salvato le chiappe all’Italia. Se la scuola, l’editoria, la ricerca, non sono crollate è grazie agli sforzi di questa generazione di precari. Dire quello che ha detto Monti significa mentire, ma non credo che lui l’abbia fatto, e qui entra in gioco la psicoanalisi: all’inconscio di Monti conviene rimuovere questa generazione e quella successiva perché non è altro che la manifestazione del loro fallimento. Se stai consegnando ai tuoi figli un paese che è peggiore di quello in cui hai vissuto e lavorato tu, allora significa che hai sbagliato qualcosa. Noi abbiamo vissuto gli ultimi 15 anni come un figlio che vive con due genitori alcolizzati cercando di evitare che la casa vada a fuoco: tiene i conti a posto, paga le bollette, nonostante il patrimonio sia in mano a due alcolizzati. Quindi, Monti soffre di lapsus freudiani e Draghi farebbe bene a tacere quando dice che capisce le proteste dei ragazzi…sei il Presidente della Banca Centrale Europea e ti vuoi sottrarre alle tue responsabilità?
Dare per spacciata una generazione è un modo per non doversene occupare, tanto ormai è perduta…
Per loro non esistiamo, ma siamo comunque una generazione che ideologicamente gli sopravvivrà e credo che anche in un mondo laico porsi il problema della posterità sia importante: se hai affamato le generazioni più giovani, il tuo ricordo sarà orrendo. La “povera” Fornero verrà ricordata come una Maria Antonietta con meno fascino e senza l’aplomb della nobiltà.
Il discorso qui diventerebbe ampio, ma non bisogna dimenticare che Maria Antonietta si è trovata a capo di una nazione straniera a 14 anni…la Fornero non ha 14 anni e ricopre il ruolo di tecnico…
E’ vero, non ha 14 anni, ma come direbbe Dylan “she breaks like a little girl” (“scoppia a piangere come una bambina”, citazione dalla canzone Just Like a Woman, n.d.a.).
Riassumendo in poche battute: da bamboccioni a schizzinosi nel giro di pochi anni, non è male?
E qui ritorna in campo Freud e l’atto del rimuovere: chi ha coniato il termine di “bamboccioni”? Padoa Schioppa, che altro non era che il figlio dell’amministratore delegato delle Assicurazioni Generali…quindi il bamboccione era lui, ma l’aveva rimosso. La maggior parte degli esponenti della nostra classe dirigente sono figli di personaggi di rilievo, ma sembrano dimenticarlo.
Tornando a Monti e ai suoi ministri, il bilancio dopo un anno è positivo o negativo?
Per onestà devo dire che in così poco tempo non è facile farsi un’idea, bisognerebbe vedere sulla lunga distanza, ad oggi hanno evitato il tracollo, ma a costo di strozzare un paese. Hanno scampato il disastro, ma hanno fatto poco per ripartire. Io sono comunque contro i governi tecnici: un Presidente del Consiglio deve essere anche rappresentativo di qualcosa, uno spirito nazionale, deve essere in grado di dare la carica…Monti non è questa roba qui.
Per questo l’Italia ha seguito con tanto interesse le elezioni americane? Perché è in cerca di un leader carismatico e, non trovandolo entro i suoi confini, guarda oltreoceano?
Anch’io ho notato la frenesia con cui sono state seguite le elezioni e in particolare la rielezione di Obama, anche se devo ammettere che rispetto a quattro anni fa personalmente ho avuto molto meno entusiasmo. All’epoca sembrava che se avesse vinto Obama il mondo sarebbe cambiato, questa volta semplicemente che forse le cose non peggioreranno più di tanto. E’ triste pensare che quello che dovrebbe essere l’uomo più potente del mondo, ma non lo è, alla fine è una specie di curatore fallimentare delle democrazie novecentesche. Per quanto riguarda gli italiani, è sempre la solita faccenda: si aspetta l’uomo della provvidenza, quello che ci tirerà fuori dai guai, ecco perché da noi Obama riscuote tanto successo.
Parte del suo fascino è anche la capacità di parlare alla sfera emotiva del popolo americano, facendo leva su quel sentimento di riscatto e autodeterminazione che fanno parte della loro cultura. Pensi che in Italia oggi si cerchi anche questo?
Paragonato ai nostri politici è ovvio che la figura di Obama risulti affascinante, ma la bravura sta nel coniugare la credibilità con il saper parlare alla pancia della gente, e lui ci riesce. Da noi ci sono tanti politici che fanno leva sull’emotività, ma non riescono ad essere credibili: Berlusconi parlava alle pance, anche Grillo fa lo stesso, anzi cambia pancia ogni settimana, ma non risultano credibili. In questi anni la sinistra ha tradito un patto generazionale, avrebbe dovuto allevare una classe dirigente di grande qualità, ma non l’ha fatto. Mentre la destra si basava sulla voce di un unico leader, la sinistra sapeva solo cambiare nomi e simboli. Hanno preferito l’ubbidiente al delfino bravo, che può metterti in crisi, come sta facendo Renzi. E’ la storia del padre Saturno che divora i propri figli, oppure li alleva in batteria, perché è questa l’alternativa. Come partito avrebbe dovuto avere diversi fuochi, come era ai tempi della Dc, ma non ci è riuscita…aspira ad essere la nuova Dc, ma non ce la fa proprio. In conclusione, la levatura dei politici italiani è sconfortante.
Oltre che su un discorso anagrafico, in Italia l’accento va posto sul “genere”…le donne hanno una sparuta rappresentanza nei ruoli chiave del paese…
Sono tutti maschi! Infatti le poche donne che hanno un ruolo, sono messe lì da uomini. Prendi la Puppato, è l’unica donna che corre per le primarie, ma non ha il peso politico di un Bersani o Vendola e si sa che non vincerà mai. Se ci fai caso, sono sempre i maschi che dichiarano: “Nella mia giunta, la metà saranno donne!”, ma intanto, per dire, il ruolo di Presidente della Regione va ad un uomo. Sarebbe bello sentire una donna che dichiara: “Nella mia giunta, metà uomini”, questa sì sarebbe una rivoluzione.
Hai citato Grillo e la sua credibilità, cosa ne pensi dell’appello ai poliziotti di unirsi ai giovani in piazza fatto all’indomani degli scontri di Roma? Un messaggio pasoliniano all’inverso?
Con quello che dice Grillo non posso essere d’accordo, anche se condivido alcune sue posizioni, e non posso perché mi sono fatto l’idea che dica le cose per cavalcare il consenso, non credo alla sua sincerità. Parlando dei giovani in piazza, non capisco come fanno a stupirsi davanti a queste manifestazioni…se tu rubi il futuro ad una (o più) generazioni, pensi che non succeda niente? Che i ragazzi non siano incazzati e non abbiano voglia di far sentire la propria voce? Anzi ritengo che non sia successo nulla di eclatante lo scorso 14 novembre da parte dei manifestanti, forse è la polizia che ha esagerato. La mia opinione è che se un manifestante commette un reato è giusto che venga perseguito, ma è molto più grave se il reato lo commette un esponente delle forze dell’ordine. Devono saper fare il proprio lavoro, non è accettabile che si colpisca al volto un ragazzo per terra. Infatti, da un punto di vista istituzionale, la cosa più grave accaduta al G8 di Genova non è stata l’uccisione di Carlo Giuliani - perché credo che durante una colluttazione possa succedere di tutto – ma l’episodio della Diaz…lì salta lo stato di diritto di un paese. Io non ho personalmente preso parte alla manifestazione del 14, ma dalle immagini mi sembra abbastanza chiaro quello che è successo, diciamo che da Genova in poi mi fido molto poco della polizia.
La polizia oggi vive in uno stato di esasperazione: tagli selvaggi, stipendi da fame, come sentiamo spesso ripetere “non ci sono neanche i soldi per la benzina delle auto”, e in più si trovano a far fronte ad un momento storico particolarmente agitato e carico di tensioni sociali…Come mai non comprendono che quei giovani scesi in piazza in realtà stanno lottando per le stesse cose e gli stessi diritti che per primi loro si vedono calpestati?
Secondo me entrano in gioco due fattori. Da un lato è uno sfogatoio, perché se menano così tanto è perché lo vivono come uno sfogo, come dire: “Mi dai licenza di menare? Allora quasi quasi quei 100 euro in meno non mi pesano così tanto”. So che è una cosa brutta da dirsi, ma della loro esasperazione me ne accorgo nella vita di tutti i giorni: se vado a fare una denuncia, magari perché mi hanno rubato il motorino, l’atteggiamento è rilassato, se al contrario mi fermano per strada per un controllo l’atteggiamento è decisamente più aggressivo. Siccome il problema vero alla base è molto difficile da risolvere, 30 multe in più o 30 manganellate in più alleviano la tensione e rendono più sopportabile la situazione. L’altro aspetto ancora più triste è che le nuove crisi non creano più un sentimento di appartenenza di classe, ma scatenano – proprio perché siamo frammentati – una guerra fra poveri. Per questo la poesia di Pasolini era vera allora, ma oggi è superata. Chi andava a Valle a Giulia all’epoca? I vari Veltroni e così via, gente che aveva un orizzonte abbastanza spianato davanti. Oggi invece i giovani in piazza sono i nuovi poveri e i poliziotti – per quanto male in arnese – rispetto a loro stanno bene e sviluppano un odio istintivo per chi sta peggio.
Arriviamo all’argomento della settimana: il dibattito del Pd su Sky, chi ha vinto e chi ha perso?
Prima di quel dibattito pensavo di andare a votare per le primarie, ora devo ammettere che ho qualche turbamento. Credevo che gli italiani fossero chiamati a scegliere il candidato Presidente del Consiglio della sinistra, non a partecipare ad un conclave: uno cita Papa Giovanni, poi quale non si capisce visto che ce ne sono stati tanti, un altro il Cardinal Martini, Renzi non ha detto niente ma secondo me stava pensando a Marcinkus…possibile che a nessuno sia venuto in mente un nome di sinistra? Non è che mi dia fastidio che abbiano citato nomi di cattolici, io per primo sono un attento lettore del Vangelo e proprio per questo sono anticlericale, diciamo che è il loro opportunismo ad infastidirmi.
Chi avevi intenzione di votare prima del dibattito Tv?
Vendola, anche per le buone iniziative messe in campo in Puglia nell’ambito della cultura.
Ma dopo tutti i discorsi sul ricambio generazionale e gli errori del Pd mi sarei aspettata Renzi?
Lui ha avuto di certo il merito di toglierci di torno, speriamo per sempre, Veltroni e D’Alema, però per me è un po’ troppo spostato a destra. E’ molto bravo a parlare, è innegabile, ma vorrei che la sinistra facesse la sinistra, Renzi non si capisce se sta a sinistra della destra o a destra della sinistra. Apprezzo il suo coraggio, perché in una mandria di pecorelle si è alzato e ha detto la sua, ma ho anche riflettuto su quanto ci volesse poco per mettere fuori gioco personaggi come D’Alema e Veltroni: è bastato che arrivasse uno a puntare il dito contro, e neanche per forza il migliore, che le cose sono cambiate da un giorno all’altro.
In una battuta: cosa succede nel Pdl?
Mi sembra un partito in liquefazione, ma non voglio dirlo per scaramanzia!
Chiudiamo con una considerazione sulla tua città, Bari, e in generale sulla Puglia. Negli ultimi anni stanno emergendo tanti scrittori di talento, Carofiglio, Desiati, De Cataldo e ovviamente tu, cosa sta succedendo?
La Puglia rispetto alla Campania o alla Sicilia fino a 15 anni fa era poco rappresentata, ma non solo dalla letteratura, anche dal cinema, dalla musica, dall’arte. C’era qualche genio isolato come Carmelo Bene e Andrea Pazienza, ma nulla di più. All’improvviso le cose sono cambiate, ma in maniera molto spontanea, non è che sia nata una scuola o roba del genere, forse la Puglia si è semplicemente liberata dal folclore che aveva quasi sempre accompagnato le manifestazioni artistiche della Regione. Noi scrittori abbiamo capito, ad un certo punto, che potevamo raccontare la provincia senza essere provinciali.
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