martedì 26 febbraio 2013

Riflessione sul voto


I risultati di oggi portano ad alcune riflessioni ma non sono necessariamente nefasti. Il successo straordinario del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo è solo l’ultimo e il più forte grido di protesta contro un sistema partitico malato che si trascina avanti da moltissimo tempo. Il fenomeno della Lega lombarda nei primi anni ’90, le picconate di Francesco Cossiga contro la cosiddetta partitocrazia, e poi l’esplosione di tangentopoli nel ‘92 furono già ammonimenti molto chiari di una forte voglia di cambiamento. I partiti tradizionali sono stati lenti e spesso sordi nel voler cogliere il pieno significato di questo malessere molto diffuso, e il successo del movimento di Grillo è la dimostrazione chiara che questo problema non può più essere rimandato.

D’altra parte sorprende la relativa tenuta di Berlusconi, che, pur perdendo diversi punti rispetto al 2008, ha evitato il crollo previsto ed è riuscito ad ottenere un risultato che sembrava quasi inimmaginabile alcune settimane fa. Questo voto va però nel senso assolutamente contrario del voto per il M5S ed è numericamente un voto più grande. Il berlusconismo ha rappresentato la difesa degli elementi peggiori del vecchio sistema partitico. La legge elettorale con cui si è votato, e che Berlusconi ha rifiutato di modificare, è una legge che toglie la possibilità ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e mette i segretari e i capi dei partiti in posizione decisiva per decidere chi va al potere, quindi è un facile strumento di clientela che conosciamo fin troppo bene. Per di più, Berlusconi ha difeso un sistema di conflitto di interessi di scala nazionale che è uno dei punti chiave del programma di Grillo. Grillo ha anche proposto il divieto ai candidati condannati in primo grado, che metterebbe fuori gioco una bella fetta dei candidati di centrodestra, compreso il loro capolista Berlusconi stesso.

L’insuccesso della coalizione di Mario Monti sorprende assai meno, seppur forse un po’ ingiusto. A Monti è toccato il compito ingrato di mettere in sesto i conti dello Stato in un momento di crisi economica mondiale, senza un appoggio politico proprio. E’ stato quindi come un medico che ha dovuto somministrare medicine amare, e in una situazione economica di prolungata crisi si capisce facilmente perché la gente non voglia prenderne di più. Uno dei chiari messaggi è che la politica europea dell’austerità ha finora peggiorato la qualità di vita della maggioranza dei cittadini, ed è giusto che la politica discuta delle possibilità per dare prospettive migliori per i cittadini normali, sia lavoratori che disoccupati, e non solo gli interessi dei mercati finanziari e delle banche, eccetera.

Per il Partito Democratico di Pier Luigi Bersani è una vittoria sobria: alcuni possono parlare di sconfitta, e sicuramente i dirigenti di quel partito speravano in un margine di vittoria migliore e in uno spazio di manovra maggiore. Detto ciò, la coalizione di centrosinistra sembra emergere comunque come la prima del Paese, e Pd e Sel sono i partiti a cui il maggior numero di italiani ha dato il compito di interpretare e gestire in termini concerti quello che dovrebbe uscire da questo risultato contraddittorio e complesso.

Nella migliore delle ipotesi il successo del Movimento 5 Stelle e il bisogno di trattare con loro per formare il governo di cui il paese ha bisogno potrebbe indurre i leader del Pd a riflettere seriamente su alcune forme più radicali e di uscire un po’ dall’atteggiamento, comprensibile per chi sta dentro la macchina governativa da molto tempo, di semplicemente gestire un pò meglio l’esistente, e di pensare un po’ in termini ambiziosi. Mettersi d’accordo con il movimento di Grillo su alcuni punti per ridurre il costo della politica, ridurre seriamente il numero di deputati e senatori, i livelli duplicati di governo, una legge seria sul conflitto di interessi, un piano economico che privilegia di più la crescita rispetto all’austerità, sono tutti temi su cui potenzialmente si più trovare un terreno comune. D’altra parte è un momento di prova anche per il movimento di Grillo, di dimostrare capacita ancora non viste di dialettica e di compromesso con persone che fino all’altro ieri erano considerate zombie e vampiri. Ci sono elementi nella retorica di Grillo e di altri del suo movimento che sono chiaramente impraticabili. Per esempio, Grillo ha parlato della possibilità di non pagare il debito pubblico o di pagarne solo parte, ma bisogna anche fare i conti con il fatto che moltissime delle persone che possiedono titoli di stato sono semplici risparmiatori italiani, quindi si tratterebbe solo di togliere soldi da una tasca per metterli in un’altra, alle stesse persone. L’idea di pagare mille euro al mese a tutti i disoccupati quando la competitività dell’economia italiana è in calo da vent’anni è un idea con poco futuro, per cui auspichiamo che queste due forze politiche, che insieme costituiscono oltre 50% degli elettori italiani, e potenzialmente con il movimento di Monti oltre il 60%, si mettano a lavorare seriamente per fare tre o quattro cose importanti per il popolo italiano che li ha votati, e agiscano con grande senso di responsabilità. Solo allora qualcosa di buono potrebbe uscire fuori da queste elezioni storiche.

Come il Pd deve ascoltare il grido di protesta che rappresenta il M5S, il movimento di Grillo deve anche accettare che la voce del quasi 40% degli italiani che ha votato per il Pd e per Monti va rispettata.

Se invece il Pd non coglierà l’opportunità di questo momento e le persone elette nel movimento di Grillo si arroccassero in posizioni di pura intransigenza e su posizioni poco realistiche, il risultato sarà il caos totale, un disservizio vero verso la stragrande maggioranza degli italiani che vuole qualcosa di meglio e non solo la ripetizione dell’esistente, ma che vuole anche una certa stabilità e governabilità. Altrimenti queste forze faranno un grande regalo al berlusconismo, la forza che non vuole cambiare niente e che farà di tutto per approfittare del caos per proteggere i propri interessi e impedire che il paese progredisca.
di Alexander Stille, da Repubblica

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