venerdì 1 aprile 2011

                            Aventino
Di Carlo Galli, da Repubblica

AventinoDal nome di un colle romano sul quale nel 287 a. C. si ritirò polemicamente la plebe, nell'ambito del conflitto fra patrizi e plebei che già nel 494 e nel 449 a. C. aveva visto analoghe secessioni in un'altra località, il Monte Sacro.

A quell'episodio si ispirò chi volle dare un nome classico alla reazione di sdegno e di ripulsa che a partire dal 26 giugno 1924 portò l'opposizione parlamentare (tranne i comunisti) ad abbandonare la Camera e a riunirsi in una sala di Montecitorio per protestare contro l'uccisione del leader socialista Matteotti. La dittatura fascista si affermò a partire dal gennaio del 1925, e nel 1926 i deputati aventiniani, e i comunisti, furono dichiarati decaduti.

Oggi nel lessico politico si intende con Aventino la secessione di una minoranza da un'assemblea della quale reputa inutile continuare a  far parte, dato che le sue regole sono sistematicamente e grossolanamente violate da una maggioranza prevaricatrice: una strategia, quindi, di radicale delegittimazione dell'avversario e della sua prassi politica.

La situazione aventiniana è ricca di ambivalenze e di contraddizioni: da una parte è simbolicamente fortissima davanti all'opinione pubblica, e segna il passaggio, per chi ne è il soggetto, dalla passività al protagonismo e all'assertività; dall'altra può essere controproducente, in quanto lascia il campo libero, sotto il profilo della legalità formale, a chi non abbandona l'istituzione. In ogni caso, l'Aventino è
una soglia critica che non è prudente valicare solo per protesta o testimonianza; è necessario anche un obiettivo preciso quale può essere, ad esempio, forzare la maggioranza a fare concessioni oppure spingere l'istanza politica che ne ha diritto a sciogliere l'assemblea che ha subito la secessione,  data la sua sopravvenuta insanabile disfunzionalità.

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