sabato 11 dicembre 2010

Editoriale. Ecosistema rischio 2010 - Ricominciamo da tre
Chi siamo, da dove veniamo e soprattutto dove andiamo ( citando l’indimenticato Massimo Troisi), questi i quesiti che mi saltano in mente dopo avere visto il corposo dossier elaborato da Legambiente e Protezione  Civile,  Ecosistema rischio 2010, presentato alla stampa in questi giorni. Un’indagine minuziosa sulle attività delle amministrazioni comunali italiane circa la mitigazione del rischio idrogeologico. Un’indagine rivolta ad oltre 6000 comuni a rischio, da cui emergono tra l’altro due dati  già da soli  molto eloquenti: oltre 3 milioni e 500 mila cittadini in Italia, esposti ogni giorno al pericolo di frane o  alluvioni; circa 650 milioni di euro, l’importo stanziato dallo stato nel 2009 per fare fronte all’emergenza   idrogeologiche nel 2009. Uno stato di fatto che evidenzia una costante situazione di pericolo a fronte del quale vi è un rischio e levato di perdite umane e la certezza certificata di un costo sociale insostenibile. Chi siamo era il primo quesito.  Siamo  un paese  ad alta rulalità (oltre il 50% di comuni), dove insiste una grandissima biodiversità naturale e coltivata,   una sorta di catalogo universale del paesaggio che si traduce in una ricchezza enogastronomica senza precedenti. Dove le 50.000 aziende biologiche esistenti costituiscono una rete territoriale fitta e articolata. Queste le luci del nostro sistema. Poi le ombre:  il primato di avere, nell’ultimo mezzo secolo,  coperto di asfalto e di  cemento, una superficie   a bosco, prato, pascolo e coltivazioni agrarie di  oltre 12 milioni di ettari. 8 volte e  mezzo l’attuale superficie coltivata in biologico in Italia (circa 1,4 milioni di ettari). Dove andiamo. Oltre al recente dossier vi sono altri elementi di preoccupazione. Tra tutte le proiezioni sull’evoluzione del proc esso di desertificazione in Italia.  Da un recente  rapporto dell’ INEA (Istituto nazionale di economia agraria) “Atlante nazionale delle aree a rischio desertificazione” si  riferisce che il 51,8% del territorio italiano, è stato considerato potenzialmente a rischio. Due aspetti di uno stesso problema, che impone soluzioni di sistema e non di emergenza. Che impone una riflessione sull’uso sostenibile delle risorse e sul ruolo protagonista degli attori del territorio. Un sistema in cui la sostanza organica è l’elemento principale. Indice della fertilità e della sterilità dei suoli. L’agricoltura biologica risponde ai requisiti di un sistema ideale di approccio alla sostenibilità economica, ambientale e contrasto al dissesto. A partire dalla centralità che assumo nel metodo di di produzione biologica la sostanza organica, e per la capacità di questa di insediare modelli di autoconservaz ione della fertilità generale del suolo e di protezione del suolo dall’erosione, che sono il principale fattore di regimazione idrica dei bacini ed elemento di  equilibrio del bilancio idrico. L’agricoltura è l’unico  settore economico che risponde contemporaneamente ad una esigenza economica di reddito e di sviluppo e alle esigenze di tutela e difesa del territorio. Fare sistema tra produzione/presidio e qualità dei consumi nella domanda locale, magari incentivata da azioni materiali è immateriali,rappresenta forse la risposta più efficace al pericolo idrogeologico.
Lillo Alaimo Di Loro - Vicepresidente AIAB

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