di GIUSEPPE GIULIETTI, da micromega
Non credevo prima e non credo ora che Berlusconi e Monti siano la stessa cosa.
Non lo sono dal punto di vista antropologico, linguistico e neppure per la rappresentanza degli interessi economici e sociali.
Berlusconi rappresentava e rappresenta una variante peggiorativa della destra internazionale, quella che identifica il singolo con l’interesse generale, il tutto condito nella versione italiana del conflitto di interessi, delle norme ad personam e ad aziendam, dall’odio per la Costituzione e dal desiderio di imbavagliare qualsiasi forma di dissenso.
Cerchiamo di non dimenticare quanto è accaduto sino a qualche giorno fa, comprese le manifestazioni popolari che hanno accompagnato la caduta di quel governo.
Sono tra quelli che hanno gioito, anche perché l’Italia era ed è ancora sulle soglie di un fallimento etico e politico destinato ad aprire la strada alle peggiori avventure, che non avrebbero per altro alla guida il governo dei professori, ma ben altre espressioni politiche.
Proprio perché non condivido una lettura “continuista” tra Berlusconi e Monti, trovo altrettanto sbagliato l’atteggiamento di chi è pronto ad accettare tutto perché “non ci sono alternative alla ricetta Monti”. Questa è davvero vecchia ideologia politicista, l’accettazione di una presunta neutralità che non esiste in natura, figuriamoci in politica.
Quando Monti ed il suo governo si rifiutano di indire la asta per le frequenze digitali stanno alzando bandiera bianca davanti al conflitto di interessi altro che neutralità!
Il rifiuto di estendere l’Ici anche alla Chiesa è una tassa dovuta per non irritare le gerarchie.
La modesta tassazione sui capitali scudati e la rinuncia alla patrimoniale comportano la necessita di colpire tutti per non colpirne alcuni.
La rinuncia alla costruzione dei nuovi inutili cacciabombardieri consentirebbe di acquisire nuove preziose risorse e magari destinandole a ben più utili progetti di cooperazione internazionale e di sostegno al volontariato.
Queste sono scelte possibili, compatibili con la crisi in atto, capaci di scovare le risorse laddove esistono, e di dare un significato non retorico e non predicatorio alla parola equità.
Sino all’ultimo bisognerà provare a cambiare la manovra, dare sostegno all’annunciato sciopero generale, rifiutare l’idea che chi si oppone od esprime critiche e perplessità sia uno sfascia carrozze, uno che non vuole “Salvare l’Italia” perché troppo condizionato da interessi particolari…
“Salvare l’Italia” recita lo slogan di Mario Monti, ottima idea, ma le soluzioni non sono “uniche” e tanto meno sono neutrali, per queste ragioni non abbiamo intenzione di firmare cambiali in bianco a nessuno.
La legittima soddisfazione per la caduta di Berlusconi non può e non deve essere utilizzata come una arma impropria per reclamare sempre e comunque un consenso a scelte che non avremmo condiviso in altri tempi e sotto altri governi.
L’Italia si salva anche salvaguardando, rispettando ed ascoltando anche le voci della critica, del dissenso, del disagio sociale, e non certo con il “pensiero unico” di tanta parte del circo mediatico che, dopo aver chiuso occhi e orecchie durante il regime berlusconiano, si è trasferito ora, con la stessa pericolosa a criticità sotto le bandiere di “SuperMario”.
Persino il consenso si può e si deve esprimere con ben altra sobrietà!
Giuseppe Giulietti
(16 dicembre 2011)
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