mercoledì 9 novembre 2011


Dieci giorni utili 
per giocarsi un'altra chance


Nel mediocre finale della sua stagione, Berlusconi punta alle elezioni e a usare in chiave elettorale i dieci-quindici giorni necessari ad approvare la legge di stabilità e il maxiemendamento contenente le misure anticrisi concordate con l’Europa. La replica al comunicato con cui il Quirinale, dopo tre quarti d’ora di colloquio tra il premier e il Capo dello Stato e dopo il deludente voto sul rendiconto, ha fissato i tempi della crisi, non lascia dubbi. A Napolitano che annunciava l’intesa sulle dimissioni e subito dopo l’apertura delle consultazioni, Berlusconi ha risposto mettendo le mani avanti rispetto all’ipotesi di un governo di larghe intese e alla possibilità che in questo modo possano entrare in un nuovo governo di fine legislatura i partiti usciti sconfitti alle elezioni del 2008. Era un chiaro avvertimento a evitare qualsiasi formula di ribaltone che troverebbe ciò che rimane del centrodestra all’opposizione.

Ed è anche uno dei pochi punti su cui ancora regge l’asse tra Berlusconi e Bossi, dopo che il Senatur, senza neppure aspettare l’esito del voto della Camera, ha suggerito di tentare la carta di un governo Alfano, pur sapendo che in questa fase il premier non è favorevole a questo sbocco perché non vuole bruciare il suo pupillo. Piuttosto Berlusconi vuole vendicarsi della funesta giornata di ieri, dimostrando al Senato che è il centrosinistra ad essere indisponibile ad accogliere le riforme chieste da Bruxelles, e poi impostando la campagna elettorale, sull’abbattimento da parte della sinistra del suo governo, proprio mentre era impegnato a fronteggiare la crisi.

E tuttavia di qui allo scioglimento delle Camere, che anche abbreviando i tempi non potrebbe avvenire prima di un mese, tra impegni parlamentari, consultazioni ed eventuale incarico per un altro governo, se ne vedranno delle belle, anche se Napolitano ha intenzione di limitare al massimo i giochi. Mentre Casini (vero vincitore di questa mano), Bersani e Di Pietro, al di là delle posizioni ufficiali, non vedono l’ora di andare alle urne, mezzo Pdl e mezza Lega frenano con tutte le loro forze. Di andare alle urne per perdere, come dicono i sondaggi e com’è probabile, e poi ritrovarsi all’opposizione con i due rispettivi leader stracotti che insistono a voler comandare, non hanno alcuna voglia, ma non sanno come fare per evitarlo. Più che un governo, infatti, con due mezzi partiti si fa un governicchio.

di Marcello Sorgi , dalla "Stampa"

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