Il Partito Democratico : " Farsi male, senza far male".
Riporto , parte di un intervento , apparso oggi sul "Sole 24 Ore", riguardante il PD nazionale.
Per capire come mai il Pd non riesca ad approfittare delle difficoltà del premier dovute alle vicende giudiziarie, alle divisioni all'interno della coalizione e ad una situazione economica che non migliora, bisogna fare un passo indietro. Per una comunicazione politica efficace, in prospettiva di una campagna elettorale, servono alcuni pilastri: un'offerta solida di contenuti e valori, una coalizione affidabile e coesa, una leadership riconosciuta e una grande capacità operativa.
Bersani ha ottenuto risultati soprattutto su quest'ultimo punto e le varie campagne di mobilitazione (dal porta a porta alla raccolta delle firme) sono servite a testare la capacità di mobilitazione del partito a livello locale. Su tutti gli altri punti il Pd è piuttosto carente: non riesce a darsi un profilo d'identità definito e a trovare un'idea centrale che lo caratterizzi; abbandonata la vocazione maggioritaria oscilla tra la formazione di un nuovo Ulivo e una grande alleanza che metta assieme tutti i partiti che non stanno con Berlusconi (la stessa alleanza con il Terzo Polo non si capisce se comprenderebbe anche le formazioni politiche guidate da Vendola e Di Pietro).
Il tema della leadership è il più spinoso: la maggior parte dei cittadini identifica ormai le formazioni politiche nella figura del leader che incarna la proposta politica. La personalizzazione della politica ha trasformato il candidato in una componente essenziale della campagna e del processo decisionale da parte degli elettori. Non voler affrontare questa questione è come rinunciare all'uso della televisione quando i dati del Censis hanno dimostrato come telegiornali e programmi televisione siano lo strumento principale di informazione politica per il 70% degli italiani (e nel caso di molti over 65 anche l'unico). L'assenza di un leader definito e riconosciuto rende evanescente il progetto di alternativa all'attuale coalizione di governo. In Inghilterra non ci sarebbero stati il nuovo Labour senza Blair e nemmeno il nuovo partito Conservatore senza Cameron.
Usando i termini del marketing politico la nascita del Partito Democratico ha introdotto un nuovo brand, ma l'attività di comunicazione successiva non è stata efficace nel sottolineare gli elementi positivi della nuova formazione politica che ha ben presto perso terreno a causa di un posizionamento politico poco definito. Il posizionamento comporta due operazioni distinte: l'individuazione dei target a cui rivolgersi (gruppi di elettori con caratteristiche definite) e l'attribuzione di caratteristiche uniche e realmente distintive al prodotto politico.
Le proposte politiche devono essere ritagliate sui temi che l'elettorato giudica più importanti e prioritari, oltre che coerenti con i valori propugnati e con quanto detto/fatto in passato. Anche l'ultima campagna del Pd, basata sulla parola "Oltre" che dovrebbe caratterizzare il partito democratico come la forza politica in grado di far superare le divisioni politiche, ha poche possibilità di aver successo finché all'esterno prevalgono le divisioni interne. Nella comunicazione del Pd manca la capacità di presentare il partito e i suoi principi in modo da risultare emotivamente convincenti. Come dichiarò Henri Guaino, consigliere di Sarkozy nelle presidenziali del 2007: "La politica è scrivere una storia condivisa da coloro che la fanno e coloro ai quali è destinata. Non si trasforma un paese senza essere capaci di scrivere e raccontare una storia".
Le campagne del Pd risultano slegate l'una dall'altra: per migliorare la propria percezione e credibilità il partito guidato da Bersani avrebbe invece bisogno di elaborare una storia coerente, memorabile e di forte effetto emotivo per presentare se stesso e narrare l'idea di paese che si vuole proporre in alternativa. Questo senza dimenticare che, una bella campagna e una bella storia, non possono sostituire una strategia politica adeguata. La comunicazione non è una ciliegina da aggiungere alla torta, ma un ingrediente fondamentale della stessa.
Forse il partito democratico dovrebbe fare un passo indietro e ripensare al proprio prodotto (proposte politiche + leadership) e al proprio messaggio. Quest'ultimo non è semplicemente l'uso di parole accattivanti, ma l'elemento centrale di una campagna: il motivo per il quale l'elettore dovrebbe votare in un modo piuttosto che in un altro. Messaggio che, per catturare l'attenzione di un elettorato sempre meno attento e più sfiduciato, deve essere chiaro, credibile, memorabile e in grado di suscitare emozioni.
*Marco Cacciotto. Consulente e analista politico, insegna marketing politico e public affairs presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano.
*Marco Cacciotto. Consulente e analista politico, insegna marketing politico e public affairs presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano.
Fonte :il sole 24 ore
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