mercoledì 5 gennaio 2011

Alla ricerca di una Terra bis
Scienziati convinti dell'esistenza di mondi simili al nostro. E pronti a dimostrarlo
Sarebbe bello se il 2011 ci portasse una Terra nuova. Senza guerre, ingiustizie, razzismo, droga, spaventose disuguaglianze. Sarebbe bello ma non basterebbe. Avremmo bisogno anche di un’altra Terra. Una in più, da aggiungere a questa per poter disporre di tutte le risorse necessarie alla popolazione mondiale, che si avvicina ai sette miliardi di persone. Perché ormai le risorse che l’umanità consuma in un anno sono quasi il doppio di quelle che il nostro pianeta riesce a produrre (precisamente 1,8 volte).
Gli scienziati dell’ambiente chiamano “impronta ecologica” questo indice statistico che misura la richiesta umana nei confronti della natura. Se si va a vedere la sua dimensione Paese per Paese, troviamo la fotografia delle disuguaglianze e degli sprechi del nostro mondo. L’impronta degli Stati Uniti è quasi 10: i cittadini di quel Paese vivono come se di Terre ne avessero dieci. Per il Canada è 7,6, per l’Italia 4,2 e 1,6 per la Cina. Etiopia e India sono a 0,8. Si potrebbe migliorare la situazione distribuendo meglio le risorse, correggendo gli stili di vita troppo dispendiosi a favore di quelli così poveri da offendere la dignità umana. Ma anche così non basterebbe. Bisognerà dunque migliorare l’efficienza con cui usiamo le risorse disponibili, cosa che si fa ancora una volta con la tecnologia, e qui il cane si morde la coda perché la tecnologia è monopolio dei Paesi più ricchi e spreconi.
No, non abbiamo una Terra-bis a portata di mano. Eppure sembra che l’universo ne sia pieno e il 2011 forse sarà l’anno in cui gli astronomi riusciranno a individuarne una con certezza. Non risolverà il problema dell’impronta ecologica – parliamo di pianeti per ora del tutto fuori portata anche per i viaggi spaziali più audaci – ma dal punto di vista culturale la scoperta di una Terra-bis sarebbe davvero eccitante, qualcosa di paragonabile allo sbarco di Cristoforo Colombo in America.
Simili a noi? La caccia alle altre Terre è aperta, e la preda sembra sempre più vicina. Per millenni abbiamo pensato che il nostro pianeta fosse unico. Oggi, invece, gli astronomi si accorgono con sorpresa che c’è un’inflazione di Terre. Alla fine del 2010, il loro numero aveva superato il mezzo migliaio e secondo uno studio fatto alle isole Hawaii con il gigantesco Keck Telescope e pubblicato su Science, un pianeta su quattro tra quelli che orbitano intorno ad altre stelle potrebbe essere simile alla Terra.
Per non farsi trovare impreparati, i ricercatori europei hanno stabilito un piano preciso per gli studi che nei prossimi anni dovrebbero farci scoprire un pianeta davvero “gemello” della Terra in orbita intorno a un’altra stella. Il rapporto, 75 pagine, è stato preparato dall’Exoplanet road advisory team per l’Agenzia spaziale europea. In esso vengono coordinati gli sforzi di vari enti di ricerca, dei telescopi al suolo e dei due satelliti che attualmente stanno cercando esopianeti, Kepler e Corot. Tre le principali direttive: 1) sviluppare tecniche per trovare pianeti sempre più piccoli, e quindi paragonabili al nostro per massa e condizioni ambientali; 2) determinare la loro struttura geologica esterna e interna; 3) mettere a punto sistemi d’analisi delle loro atmosfere per riconoscere indizi della presenza di vita. Tutti obiettivi raggiungibili entro pochi anni: questo il messaggio uscito dal simposio dell’Unione astronomica internazionale sull’astrofisica dei sistemi planetari che, organizzato da Alessandro Sozzetti e Mario Lattanzi, ha riunito a Torino dall’11 al 15 ottobre scorso ricercatori provenienti da tutto il mondo. Sono passati soltanto quindici anni da quando Michel Mayor, direttore dell’Osservatorio di Ginevra, e il suo allievo Didier Queloz scoprirono il primo pianeta extrasolare intorno alla stella 51 Pegasi, lontana 48 anni luce. Da allora, però, molte cose sono successe. Le scoperte di pianeti extrasolari si susseguono a ritmo incalzante e c’è chi prevede che entro il 2020 ne conosceremo decine di migliaia. Stiamo assistendo alla nascita tumultuosa di un nuovo promettente fi lone di studi: la planetologia comparata extrasolare.
Eppure, fino a quindici anni fa non si conosceva alcun sistema planetario oltre a quello che ci ospita, e aveva ancora sostenitori la teoria dell’astronomo inglese James Jeans (1877-1946) secondo la quale per generare un sistema planetario occorreva che due stelle si sfi orassero strappandosi materia che poi in qualche modo si sarebbe aggregata in pianeti: un evento così improbabile da far pensare che i sistemi planetari di una intera galassia si potessero contare sulle dita di una mano.
Di alcune stelle oggi conosciamo parecchi pianeti. Molti hanno masse gigantesche, maggiori di quelle di Giove, e sono gassosi, senza una superfi cie calpestabile, del tutto inadatti alla vita come noi la conosciamo. Ma alcuni di quelli scoperti negli ultimi mesi sono rocciosi e di massa relativamente piccola, due o tre volte quella terrestre. Questi sistemi planetari con giganti gassosi e pianeti rocciosi sono quasi la fotocopia del sistema solare.
Piero Bianucci, giornalista scientifico
Fonte : Vivere

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